Opere dell'Arch. Grazia Palomba esposte nell'I.C. Don Bosco-d'Assisi

Nelle opere esposte dall’Arch. Grazia PALOMBA nella decima edizione della Rassegna dedicata ad incontri a scuola con Autori, presso l’Istituto Comprensivo Statale Don Bosco-d’Assisi, Dirigente Scolastica Prof.ssa Grazia PAOLELLA, si nota subito l’idealizzazione della statuaria classica: l’oggetto trasmutato dall’Artista è riconoscibile dall’osservatore che lo trova però ricollocato in una nuova realtà, dove guizzi di luce, caldi colori e morbide linee gli danno nuova e vibrante vita.

 

Nella prima opera dal titolo “Nike e i Cabiri”, ispirata alla figlia di Pallante ed ai suoi adoratori, nel vento impetuoso che muove il peplo che aderisce al plastico corpo, si ritrova l’impetuosità dell’Artista che “muove” la Nike in un mondo attuale dove le enigmatiche divinità dei Cabiri sono idealmente trasposte in un mondo di uomini, o meglio di maschere, che vogliono simboleggiare l’umanità attuale.

 

“Rodia” è il titolo della seconda opera così chiamata perché chiara è l’ispirazione all’Afrodite di Rodi, o Venere Marina, dea della bellezza, dell’amore e madre di Eros. La dea, immersa in un fondo di sereno azzurro, è un omaggio dell’Artista alla grazia e alla sensualità. Però, come nella vita quotidiana,  anche in questo mondo ideale s’affacciano “beffeggianti maschere” e “ghirigori” che altro non sono che…gli incontri della vita d’ogni giorno.

 

La terza opera ha per titolo “Cnidia” perché ad ispirarla sono state le delicate sembianze dell’Afrodite di Cnido, opera risalente al 360 a.C., e nota attraverso copie romane. La bellezza di Cnidia, circondata da statue e maschere, ripropone ancora il tema, caro all’Artista, di un mondo ideale, reso attraverso forme armoniose, contrapposto ad un mondo  privo di valori e sensibilità.

 

“L’Egineta:la forza vinta” è il titolo di quest’opera che propone l’immagine di un guerriero forte e possente ma ormai “vinto”. Inerme e morente, ricorda tanti “forti ma vinti” di ogni tempo. Comunica un senso di forte pietà  quest’essere che ormai lascia la vita. L’Artista ha voluto cogliere e far rivivere queste sensazioni che, sicuramente, voleva comunicare lo scultore del tempio di Afaia ad Egina. Però, nonostante le “maschere”  irridenti e il povero essere vinto, c’è ancora speranza: ci sono i colori, c’è ancora fremito di vita!

“Il pathos del guerriero di Egina” è il titolo della quinta opera che riprende ancora il tema del forte guerriero morente, dell’uomo che viene deriso dalle “maschere”. Anche qui però, dal fondo nero in cui si muove il freddo e marmoreo eroe morente, irrompono i colori e, con essi, la vita.

 

La “Menade e il sogno” è un’opera ispirata ad una scultura di Skopas.

La Menade ora danza in un nuovo mondo, non più nei boschi: danza in un mondo fantastico. L’Artista, immergendosi anch’essa nel sentire di Skopas, va alla ricerca non solo di bellezze esteriori ma, soprattutto, alla ricerca di intensità di emozioni.

 

“La Dame du Louvre” è chiaramente ispirata alla “Testa Borghese” esposta al Louvre; è un omaggio alla bellezza e all’equilibrio formale di un’opera che l’Artista immerge in un nuovo  mondo. L’opera non vive più in un mondo ideale di serena bellezza; vive ora in un mondo  che diviene  reale, con le sue contraddizioni, con le sue problematiche, con  le sue “ombre”.

 

Ancora la Menade di Skopas; questa volta la ritroviamo come “Menade e il giglio”. La frenetica danzatrice, trasposta idealmente in una donna attuale, può ora ritrovare in un fiore un suo “candore”, una sua dimensione umana: il corpo che si avvita su se stesso ci fa testimoni di una forte tensione di natura psicologica.

 

Con le ultime tre opere, rispettivamente dal titolo “L’arpista cicladico”, “La dance” e “Il vittorioso atleta cicladico” si va a ritroso nel tempo, si va al 2300 a.C.nel mondo artistico delle isole Cicladi e dell’Arte minoica. La semplicità  delle sculture cicladiche ha influenzato molti artisti; anche Modigliani fu colpito dalla loro “geometrica ma plastica semplicità”. Nell’Arpista, nel guerriero vittorioso  e nella “dance”, che ricorda nel titolo e nei movimenti una celeberrima opera di Matisse, troviamo, grazie alla reinterpretazione dell’Artista, le geometriche e stilizzate figure del passato inserite in sfondi immaginifici che rimandano al suo mondo interiore che in questi dipinti, ancora una volta, contrappone “serene” volumetrie del passato ad un mondo attuale pregno di colori  vibranti, dirompenti ed accesi.

 

Tutte le opere hanno una seconda firma: Una rosa stilizzata a cinque petali.

La rosa, grande o piccola, è inserita all’interno delle composizioni ed è, per l’Artista, un simbolo col quale identifica la sua interiorità.